mercoledì 23 febbraio 2011

da GIGI GHERZI regista www.gigigherzi.org

Cara Cinzia,

Nei giorni scorsi una mia amica mi ha raccontato questa storia.
Lei è davanti a un carcere. Al cancello di un carcere.
Guarda oltre il cancello. Con desiderio. Con nostalgia.
E si sente cretina.

Perchè lei in quel carcere ha insegnato teatro.
C'è stato uno spettacolo. Importante.
I detenuti che recitano per bambini, tanti.
Tutte le loro famiglie e i loro figli, tra il pubblico.

Apprezzamento. Promesse. La frase di rito:
“Che questo non sia un evento isolato”.
Poi, dopo qualche mese l'annuncio.
Il progetto è bloccato. L'intervento tagliato.
Speriamo, forse in futuro.
Linguaggio secco della burocrazia.

Dentro detenuti che non sanno a cosa pensare.
Di sicuro, una volta in più,
sentono che gli si sta facendo un torto.
Un abbandono.

Fuori lei, che si sente cretina.
Perchè guarda con desiderio a quel cancello.
Che di solito è guardayo con desiderio, ma per uscire.
Lei vorrebbe rientrare.
Continuare a lavorare.

Dentro un carcere
non ci si sente dentro a un lavoro normale.
C'è un limite, un margine,
dove la verità delle relazioni, delle vite, sembra esplodere.
Ne esce trasformato il teatrante.
Ne esce trasformato il detenuto.
Succede qualcosa che altrove è merce rara.
Una trasformazione.
Delle persone, del teatro, delle strutture.

Tagliare non è mai un atto tecnico.
E' dichiarare seccamente,
prendendo a scusa una supposta emergenza,
una scala di valori.
Tagliare il vostro lavoro è dichiarare
che la trasformazione
delle vite, delle persone, dei luoghi,
non è un valore prioritario.

Tagli come questo desertificano il mondo,
mettono il bavaglio alle realtà più preziose,
quelle che con mezzi scarsissimi,
con un impegno che va ben oltre al professionale,
ritessono la trama delle vite e delle esperienze
.

Sono piccoli crimini di pace.
Ma le vite deboli tagliate
nei loro momenti più preziosi
allla fine chiedono un conto.

Che sarà fatto di più disagio, più disperazione,
più ricaduta nel nero e nell'indicibile.
Le vite dei carcerati, le vostre, le nostre.

Il taglio alle vite non si può accettare.
Per questo vi abbraccio e vi sono vicino.
Per la poesia, per la bellezza.
dentro e fuori le sbarre.

Gigi Gherzi

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