mercoledì 23 febbraio 2011

teatro carcere

Due anni fa ho partecipato al laboratorio del Tam di teatro civile che prevedeva anche la partecipazione di alcuni allievi detenuti. Questo mi ha permesso di entrare tre volte nella casa circondariale Due Palazzi.
Entrare nel carcere, oltrepassare quella soglia che divide nettamente (se non altro dal punto di vista architettonico) il mondo in due parti, il dentro e il fuori, è stato significativo per i detenuti, ma anche per me.
Lo è stato sia a livello personale sia in quanto rappresentante della società che vive fuori, dunque in senso civico.
È stata un'esperienza catartica, speculare, che ha permesso, a me, di vedere da vicino quello che potenzialmente potrei essere, e, a loro, ciò che potranno ridiventare, ovvero uomini liberi. Ritengo infatti che la reclusione possa svolgere meglio la funzione di ri-educazione, ri-adattamento se si fonda, oltre che su un modello di luogo di detenzione che consideri inalienabile il concetto di dignità (si veda il carcere di Bollate), anche sulla commistione con il mondo esterno.
In questa prospettiva auspico che il Tam possa riprendere le attività all'interno del carcere di Padova e nel contempo consiglio a qualunque cittadino di entrare almeno una volta in un carcere. Avvicinarci all'errore, al male, non può che far bene a tutti. A noi e a loro.

Arianna Petris

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