mercoledì 9 febbraio 2011

TeatrInGestAzione Gesualdi Trono dal Manicomio Criminale di Aversa

TeatrInGestAzione Gesualdi Trono
dal Manicomio Criminale di Aversa

Il nostro teatro è nudo come un uomo
che non può nulla contro l’onestà
del suo bisogno degli altri.

G | T

Ogni giorno passato accanto ai nostri “ristretti amici” ci pone di fronte alla domanda:

perché portare il teatro in carcere, in manicomio, nei luoghi del disagio e dell’emarginazione?

Cosa importa a noi liberi ed onesti cittadini, dei delinquenti, dei pazzi, dei malati, dei diversi?

Abbiamo già fin troppi problemi in quest’Italia fatta a pezzi dalla politica, dal mal governo, dalla criminalità, dal razzismo, dall’ipocrisia del perbenismo; perché mai dovremmo occuparci di chi costituisce un pericolo e una minaccia alla nostra tranquillità, di chi probabilmente è responsabile di omicidio, di chi ha rubato, insultato, offeso, leso la nostra libertà.
La soluzione più ovvia ci sembra mantenerci lontani dal male, riporlo in strutture adeguate che lo contengano lontano dalla possibilità di turbare le nostre faticose giornate di liberi cittadini onesti. Noi siamo diversi, brava gente, quelli brutti e cattivi non ci appartengono, non sono cosa nostra. Teniamoci lontani! Ma che i palazzi della reclusione restino ben visibili, in modo da sapere costantemente che noi siamo il bene e lì dentro c’è il male, in modo da non avere dubbi di essere fuori, quindi dalla parte giusta.

A ben guardarle da lontano queste strutture ti rimandano il senso dei castelli incantanti delle fiabe, palazzi vittime di malefici, avamposti di draghi cattivi che sorvegliano dall’alto gli abitanti della pianura sottostante, quasi sempre assolata, in contrasto con le nubi e la nebbia permanente che avvolge questi luoghi abitati dal male. Così si convive con l’esistenza di queste strutture nelle nostre città, ci si relaziona soltanto al fuori; si sfugge alla considerazione della vite rinchiuse, assediate dalla nostra normalità e indifferenza.

Ma proprio come succede nelle più belle favole, capita che un buono decida di entrare nel castello per sconfiggere il drago e restare di sasso, stupito, di fronte alla scoperta che il drago non è poi così cattivo come si racconta in città, e che voglia attentare alle vite di tutti gli abitanti dei paesi vicini; anzi, a stare un po’ col drago ci si ravvede sui nostri pregiudizi e si finisce per scendere di nuovo a valle a tentare di convincere gli altri, i buoni, che i draghi siamo noi.

Ma le istituzioni totali, non sono luoghi da favola e difficilmente chi è rinchiuso lì dentro è destinato al lieto fine.
E noi che con i prigionieri ci lavoriamo abbiamo capito che è più facile far diventare buono il drago, piuttosto che abbattere il pregiudizio e l'ignoranza, i veri mostri che assediano la nostra libertà.

E il teatro ha il potere di sconfiggere i mostri, può permetterci di vivere tutti insieme felici e contenti.

Eccoli i draghi che abbiamo incontrato nei castelli incantati dietro alle sbarre: si chiamano Ezio, Massimiliano, Fabio, Fabrizio, Giuseppe, Sergio, Abramo… è lungo l’elenco di questi straordinari attori che s’impegnano per un “teatro necessario”, sono coloro che lavorano per un fine e non per il mezzo.

Non attori per scelta, ma per scoperta. Teatranti per coscienza.
La coscienza di poter esistere pubblicamente, affermarsi sulla scena.

La scena è un amplificatore del "fatto sociale", essi in quanto Socialmente Pericolosi, sono un "fatto sociale", sulla scena essi stessi sono il segno: Il punto di vista estremo che si fa creazione teatrale, per rivelare le crepe in cui si insinua la nostra malattia della normalità.

Ogni loro parola pronunciata pubblicamente è una conquista di libertà: dichiarati “socialmente pericolosi”, sono destinati a suscitare paura o pietà, ne sono coscienti; per questo essi sono NonLiberi: in Manicomio - ci confessano con fiducia - ogni parola, ogni gesto, azione, sguardo, lo misurano bene prima di esprimersi, perché sanno che sono condannati al pregiudizio di chi li cura, li osserva, li gestisce, li detiene: sono in agguato rapporti e relazioni, riesami e "stecche".

Ma in teatro è diverso, Il teatro è l'altrove, in cui le relazioni possono essere vissute senza filtri, in cui il giudizio è sospeso, un luogo da cui ripartire per costruirsi una possibilità di vita oltre le sbarre: la scena è il futuro a portata di mano.

Sovvertire il concetto di Pericolosità Sociale è l’azione che sta alla base della formazione della compagnia stabile di attori internati nell’OPG di Aversa. Non ci occupiamo di eliminare il concetto di pericolosità sociale, ma di riqualificarlo; non vogliamo sopprimere la reazione ad uno stato di cose che provocano sofferenza, o dissenso, ma dargli una nuova direzione, quella di un ‘teatro necessario’, che reagisce alle urgenze del suo tempo, aprendo nella scena uno spazio di con-senso (condivisione del senso) e dis-senso (pubblica indignazione e critica condivisa e manifesta). In questo modo il concetto di pericolosità sociale acquista un valore positivo, ovvero con lo spettacolo gli attori si assumono il rischio della libera espressione che può con forza sovvertire l’equilibrio sociale basato sul pregiudizio.

A questo proposito, riportiamo un messaggio scritto da uno degli attori della compagnia, Ezio:

“Per me, con il mio passato di ribellione agìta verso gli altri e verso me stesso, il teatro è stato una grande scoperta. Pur non avendo le doti di un attore ho potuto raccontare me stesso, creare attenzione verso condizioni di profondo disagio sociale. Mi sono reso conto come non già attraverso l'uso della violenza, con le armi, come era mia prassi, ma con il teatro, il dialogo, l’incontro con il pubblico, si possa fare una rivoluzione, in sé stessi e nel pensiero degli altri. Tutto questo crescendo moralmente e sperando di creare coscienza condivisa.”

Una compagnia stabile di Attori Non Liberi
La Compagnia Stabile formata dai registi Gesualdi | Trono e dagli attori – internati dell’OPG di Aversa, ha preso vita nel 2006 con un progetto su Aspettando Godot, e da allora non ha mai interrotto la sua attività di produzione. Stabile può ben dirsi anche se i suoi elementi cambiano ad ogni sopraggiunta liberazione! Stabile perché tale è il progetto e il lavoro che conduciamo nel Manicomio Criminale di Aversa; perché resta un punto di riferimento per gli internati che decidono di partecipare all’attività con “quelli del teatro”. Diversi e importanti i risultati ottenuti e degni di rilievo, raggiunti dalla compagnia nel brevissimo tempo di soli 4 anni dalla sua nascita; essi sono la prova dell'indubbio valore dell'attività condotta e speriamo che possa continuare in accordo con le istituzioni, affinché possa migliorarsi e rappresentare un esempio stabile di possibile riabilitazione e reinserimento. Con gli spettacoli Noi Aspettiamo (Godot?), LA GIOSTRA ovvero L`eccezione E’ la regola, Fratello Mio, Caino!, la compagnia dell`OPG calca le scene del Teatro Stabile Mercadante di Napoli e del Teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo, e partecipa a XXIX Benevento Città Spettacolo - Benevento; Teatri delle Diversità X e XI convegno internazionale – Cartoceto/Urbania; Edge Meeting – Milano; Il Carcere Possibile (07 08 09 10). E viene chiamata, insieme ad altre realtà tra le più importanti del settore, a costituire il primo coordinamento nazionale di Teatro e Carcere. L´impegno artistico e pedagogico di Anna Gesualdi e Giovanni Trono all'interno del Manicomio Criminale di Aversa è documentato nel volume Recito, dunque so(g)no (Edizioni Nuove Catarsi) ed è oggetto di una tesi in riabilitazione psichiatrica nel 2008, presso la facoltà di Medicina e Chirurgia della II Università degli Studi di Napoli.

BUONA r-Esistenza a TAM TEATROMUSICA

con affetto e condivisione

Anna Gesualdi
Giovanni Trono

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