lunedì 21 febbraio 2011

Sperando di poter tornare.

Due anni fa sono stata invitata, con Beatrice Sarosiek, a tenere un laboratorio teatrale al TAM all'interno del carcere e al Teatro delle Maddalene.
Avremmo dovuto lavorare con un gruppo misto di attori, interni ed esterni al carcere, che da anni svolge un percorso di ricerca grazie alla forte passione e all'impegno testardo del Tam Teatro Musica.
Accogliemmo l'invito con entusiasmo. Avremmo rimesso mano alla ricerca condotta in via Anelli qualche anno prima, che, dopo un anno di interviste, chiacchiere, amicizie, storie raccolte intorno e dentro il"ghetto" di Padova aveva portato alla luce Sabbia, primo spettacolo della nostra compagnia, MARGINeMIGRANTE.
Portare di nuovo quelle storie così intense e legate al territorio dentro il carcere ci sembrava un'occasione importante, unica. Decidemmo di dedicare una giornata al racconto, attraverso materiali fotografici, della nostra esperienza, del nostro viaggio all'interno di uno spazio allora recluso. Il secondo giorno invece sarebbe stato dedicato al lavoro teatrale su quegli stessi materiali.

Bene. Si parte, di nuovo, dunque.

Sabato mattina. Giornata grigia come solo il Nord Est alle volte regala. Ci troviamo all’entrata del carcere. Controlli. Documenti. Poi l’ingresso. Corridoi infiniti. Arriviamo nello spazio dedicato al teatro. La sensazione improvvisa di accoglienza, ospitalità. Spazi ampi, colorati di molti dipinti. C’è the caldo servito in bicchierini di plastica. La platea è folta, molti visi sconosciuti. Controllo, in effetti non conosco nessuno. Ma nell’aria si respira grande familiarità. Prima di iniziare a raccontare, come sempre mi sento un po’ a disagio, quel disagio di testimoniare storie di altri a persone che, forse, ne conoscono altrettante, molto simili e sicuramente meglio di me… Ma una volta iniziato il racconto sento estrema attenzione, curiosità, e grande rispetto. Raccontare diventa semplice, nessun giudizio nell’aria. Raccontiamo via Anelli, chi l’ha abitata. Storie di viaggi, migrazioni, storie di un luogo strano, ibrido, difficile da afferrare ad un primo sguardo. Ritratti degli amici che chissà dove sono finiti…Alla fine leggiamo parti della drammaturgia, qualche risata, l’ambiente diventa conviviale: poi il momento dei commenti, delle domande, delle chiacchiere e dello scambio uno a uno…

Mi colpisce un uomo che, dopo averci fatto i complimenti per il nostro lavoro, mi parla della sua, di storia. Dice che sarebbe bello che qualcuno la testimoniasse, la scrivesse, la mettesse in scena. In teatro. E chiude, poco prima dell’ora di rientrare in cella, dicendo: “Perché a me il teatro ha cambiato la vita, io sono un'altra persona, adesso.” Ci salutiamo. Raccomanda di tornare. E’ stato un piacere, dice. Il piacere è tutto mio, rispondo.

Sperando di poter tornare.

Anna Serlenga

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