mercoledì 23 febbraio 2011

I detenuti: «Un'esperienza che cambia la vita, dà speranza»

Nessun stanziamento regionale per l'attività del Tam

I detenuti: «Un'esperienza che cambia la vita, dà speranza»

Caterina Cisotto

Laboratori, spettacoli, incontri: è dal 1992 che il Tam, prima con Michele Sambin e Pierangela Allegro e dal 2004 con Cinzia Zanellato e Andrea Pennacchi, porta il teatro dentro il Due Palazzi coinvolgendo in prima persona i detenuti. Un'opportunità straordinaria di rieducazione contro una pena ridotta ad inutile, se non dannosa, reclusione e repressione. Quest'anno il corso, che si svolge da ottobre a giugno, non è partito. La Regione non ha ancora stanziato i fondi necessari. «Il teatro aiuta ad uscire da una doppia condizione di isolamento, per chi non solo è recluso ma è anche straniero, lontano dalla famiglia, da casa - spiega la Zanellato - il contatto con i partecipanti dall'esterno, giovani e non, abbatte i pregiudizi da ambo le parti e le differenze di età, nazionalità, condizione sociale». Una quarantina i detenuti iscritti al laboratorio del Tam, arricchito da incontri con attori già affermati come Tiziano Scarpa, Vasco Mirandola, Giuliana Musso, e con l'Università. E ogni due anni gli attori del Due Palazzi mettono in scena uno spettacolo. «Per noi è vitale sentire che siamo nei pensieri di qualcuno, che non siamo abbandonati qui al buio», confessa Mohamed, 41 anni, dal Marocco. «Il teatro ci spinge a metterci alla prova - aggiunge Giovanni, dalla Calabria - quand'è giorno di prove per noi è una festa, rompe una monotonia resa ancora più dura dal sovraffollamento, visto che al Due Palazzi vivono quasi 900 persone contro le 350 previste». «All'inizio ero scettico, mi sembravano sciocchezze da bambini - racconta Sam, dalla Nigeria - ma poi, piano piano, la mia vita è cambiata, mi sono ricaricato, ho di nuovo la speranza». «Vivere in carcere ti costringe a rinchiuderti, ad avere solo relazioni di buon vicinato con gli altri, mentre ti senti sempre più inadeguato - dice Luca, 36 anni, dalla Sardegna - il teatro mi ha aiutato a contrastare una sorta di autocensura che mi bloccava». Un arricchimento che contagia anche gli allievi attori del Tam. «Sembrerà paradossale ma quando sono dietro le sbarre mi sento libera - dice Maria, ex insegnante di lettere al liceo - siamo tutti uguali nella diversità». «Fuori ci si perde in mille cose - conferma Filippo - qui le emozioni, i ricordi hanno un'energia incredibile, che non va repressa».

GAZZETTINO - Data 15-12-2010 - Edizione PD - Pagina 33

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